L’emozione inaspettata 

quando tra le pagine di un vecchio libro trovo

la tua grafia.

 

Magia. 

 

 

Ok, è il momento di ammetterlo: ho una passione per Lady Gaga. Non così forte da diventare Little Monster (così si chiama un fan sfegatato della Germanotta) ma abbastanza da guardarmi i suoi live su youtube.

Ed è così che sono venuta a conoscenza dei favolosi Interlude: brevi video trasmessi durante il concerto della Madre dei Mostri.

A parer mio, vera e propria video-arte in cui si riconosce la mano di Nick Knight, personalità portante dello SHOWSTUDIO (sito di modo)

Perchè vi dico tutto questo?

Perchè amo la condivisione culturale.

Godetevi questo lavoro…

Quanta fatica realizzare

che anche io sono fatta di carne e sangue?

Alla luce di questa Candela Blu comprendo

che  il quadro nascosto sotto ogni dipinto sono Io.

Metto giù la maschera e do alle fiamme il copione

come chi ha costantemente le armi addosso senza aver bisogno  di usarle.

Pago SOLO sulla mia pelle ogni mio errore e questa camicia nera, ormai, non fa più per me.

Smetto di voler essere amata, non ne ho più la necessità.

Meccanismo che finalmente funziona

il mio riflesso nello specchio è nitido

alla luce di questa

Candela Blu.

.DSC02933

Per il nuovo anno ho pochi buoni propositi, ma fondamentali.

1) smettere di darla per sfizio, che poi mi ritrovo sempre in situazioni di merda.

2) (che è indirettamente collegata alla prima) smettere di scrive roba che riguarda SOLO le mie non-relazioni finite (strano, ah?) di merda.

Un proposito che riguarda proprio “cercandolavenerebianca” insomma.

E proprio per il secondo fioretto cambio template…che questo è triste e ha rotto il cazzo. Come tutti i contenuti recenti di questo blog.

Immaginiamo che io inizi a giocar d’azzardo.

Immaginiamo  “ come sei dolce… ma tu chi cazzo sei?”.

Immaginiamo “ con chi parli?!”.

Immaginiamo “te l’avevo detto, mi dispiace”.

Immaginiamo una mattina. Io mi sveglio e ho la faccia di un’Altra appiccicata sulla mia.

Shock o rassegnazione?

 

Immaginiamo la sacra domanda : “Ma di cosa parla questo post?”

 

Karima … ma di che cosa parla questo post?

E così sono Io

Il tuo agnello sacrificale.

Io la polvere sui tuoi occhiali.

Scrosci di applausi mentre il coltello mi attraversa

e il pavimento freddo è il cuscino del cucciolo che piscia troppe volte sul tappeto.

 

 

 

Ma tu guardami sciogliere nell’ acido, Uomo.

Ora sono acqua

e non puoi stringermi nel pugno.

Sapevo già che vivere con me è un’idea terrificante,ma, davvero, non riesco ad accettarlo.

Cartoni animati nell’altra camera, cesso occupato.

 

Camel light nel taschino di mio padre.

E’ tutto troppo lontano.

 

Ed è triste la consapevolezza di non aver nessuno da annusare.

 

 

 

Alla fine, un passo dopo l’altro, arrivo alla tua camera.

Apro piano la  porta  sperando di non fare rumore.

Le tre di notte.

I miei occhi corrono da una parte all’altra, aspettando che qualcosa emerga dall’oscurità.

Piano piano prende forma l’arazzo sulla parete, il tuo comodino…la Madonna sulla mensola.

E te.

Avvolto nel blu  e nel bianco del tuo letto, stai dormendo profondamente.

 

Succede qualcosa di strano nella mia mano… il manico del coltello sembra freddo, gelido.

Un passo dopo l’altro mi avvicino alla tua sagoma.

 

Il debole fascio di luce che si intromette dalla finestra sottolinea le tue labbra.

Un passo dopo l’altro, attenta a non fare rumore, lascio che i miei occhi ti studino.

 

Sei brutto.

Dio quanto sei brutto.

E ti sei tolto pure i baffi, che io ti ho sempre detto che ti danno un tono.

Se penso che con il tuo rumore e il tuo  egoismo mi hai strappato via le viscere non riesco a dormire.

Ma tu no. Tu non l’hai mica perso il sonno,ingrato.

Cosa cazzo stai sognando?

Chi stai incontrando nei meandri del tuo subconscio?

Me no di certo.

Hai bevuto la mia essenza e poi hai lasciato la tazza vuota nel lavandino, senza neanche pensare di lavarla.

 

Se penso che ti ho dato tutto mentre tu fai fatica a tenerti stretto il pisello , sai, mi manca il respiro.

 

Osservo il tuo petto.

Su e giù, su e giù… nel ritmo lento del tuo respiro.

Intanto sto pensando che mi hai rovinato.

La mia fragile autostima adesso neanche esiste.

 

Come se fosse colpa mia.

Come se io, e solo io, non sia stata in grado di farmi amare.

 

Come se una persona come me non potesse avere la pretesa di avere del vero affetto.

E tutto questo è colpa di mio padre, ovviamente.

Perché se sono così è colpa del padre, e tu lo sai, vero?

Tutte le volte che ti parlavo dei miei problemi e tu attendevi che finissi, per dire una misera frase di circostanza e poi partire all’attacco, sobbarcarmi dei tuoi problemi, delle tue mille riflessioni, che io ero quasi sul punto di scrivere su qualche post-it, in modo da non dimenticare ogni tua ennesima stronzata e farti innervosire.

 

Perché sì,  dici un sacco di minchiate. E io spero  che una parte di te lo sappia. Voglio credere che tu abbia quel minimo di intelligenza.

 

Sollevo il braccio, la lama del coltello illuminata da quel fascio di luce.

Perpendicolare sul tuo petto.

Preparo la forza del colpo.

Vorrei vederti per quello che realmente sei, Scarafaggio con il dono della Parola, vorrei riuscirci ma faccio molta fatica.

Se realizzo per la millesima volta che mi hai usato, muoio.

 

Ma  tu non hai nessun problema, e non ne avrai. Guarda, il rosso sul bianco. Guarda, che qui ho fatto la bandiera Francese.

Coltellata dopo coltellata, lo sai che hai una voce bellissima quando urli di dolore?

 

Perché cancellarti dalla mia memoria non è possibile, ma renderti invisibile sì.

 

Coltellata dopo coltellata, cago sulla tua vita, sputo sulla felicità e sulla normalità che stavi già ricostruendo senza di me.

 

Uno schizzo di sangue anche sulla mia faccia, un’altra lacrima.

Coltellata dopo coltellata, non fa niente, tanto io sono prigioniera già da molto tempo.

 

Ma è proprio come ti dicevo, non ci riesco.

Il braccio è lungo il mio fianco, il coltello è innocuo.

Tu dormi tranquillo, il respiro pesante.

Ero venuta qui con l’intenzione di farlo, di ucciderti davvero.

Ma io non sono come te, e dovresti ringraziare per questo.

 

Il mio sguardo si sposta verso la finestra, poi sul mio coltello, che ora mi rigiro tra le mani.

 

Questa lama brilla di non-amore riflesso.

Oggi è uno di quei giorni in cui dall’altra parte della strada non c’è niente.

Le persone mi passano affianco, nelle orecchie ho le loro voci.

Il cielo è sempre più bianco.

Le mie gambe sono leggere, molli.

Due ragazzi, due amici, si abbracciano sull’altro marciapiede.

Una sensazione di vuoto terribile si è impadronita di me, mentre una goccia d’acqua mi cade sulla fronte.

I ragazzi son contenti, non si vedono da molto.

Ed io?

Io non sono altro che un burattino dell’ Anonimo.

E Oggi, oggi non vado in scena.

Sono le dieci del mattino e io sono seduta in cucina, che fisso il vuoto.

Il rubinetto della cucina gocciola e  fuori nevica.

Mentre fisso il vuoto sto pensando che potrei essere una vera tigre.

Sul serio.

Potrei essere una tigre pronta a sbranare chiunque dubiti anche lontanamente di una sua opinione.

Potrei essere una spalla sempre pronta per ogni lacrima.

Sono pigra e disordinata, ma potrei trasformarmi in una Cenerentola sempre pronta a lustrare  ogni angolo che ha solo guardato.

Adesso sono le undici, e fuori nevica  e il rubinetto gocciola e io sono ancora qui a pensare.

Potrei essere una cuoca perfetta, con un po’ di impegno.

Una puttana ogni momento che lo vuole.

Se uccidesse qualcuno? Lo difenderei.

Potrei essere un magro e minuto sacco da boxe, ogni volta che c’è il bisogno di sfogarsi.

 

Potrei.

 

 

Potrei, ma mi è stato chiesto di non farlo.

Mi è stato chiesto di essere semplicemente un’ allegra compagnia, di tanto in tanto.

Di farmi vedere così, giusto per ammazzare il tempo.

 

E io ci sono rimasta così male, perché ero pronta e VOLEVO essere tutto quello che avrei potuto essere.

E invece niente.

 

Dovrei essere felice perché mi è stato detto che non c’è bisogno di tutte le mie forze?

No, non ci riesco.

 

Io volevo impegnarmi. Sudare.

Sacrificarmi.

 

E tanto non mi si addice, il ruolo dell’occasionale presenza, che ho rifiutato  entrambe le opzioni che avevo in testa.

Né tigre né compagnia.

 

Sono semplicemente tornata ad essere K, che deve studiare, tra una riflessione e l’altra.

Mi alzo e cerco di stringere meglio la manopola del rubinetto. Nessun risultato.

 

Fuori continua a nevicare, e qui il plin plin non vuole smettere.

 

 

 

 

 

Non è cambiato nulla.