La sabbia scotta mentre mi dirigo verso la riva.
C’è poca gente questa mattina, giusto ragazzini che fanno castelli di sabbia.
E una famiglia dietro di me.
Gente buona, fresca, incerta ma sana.
L’acqua è calma, uno specchio verde e freddo che mi intorpidisce le gambe mentre mi distendo a pancia in giù sul bagnasciuga.
Un bambino mi raggiunge. Mi sorride, senza un perché.
Un bambino mi sorride mentre cielo e acqua diventano neri,  il mare si agita, e le onde sono draghi molto alti che mi stanno per prendere e inghiottire.
Sto per alzarmi ma poi la sento.
La consapevolezza che c’è qualcuno dentro di me. Una parte di qualcosa che potrei amare, ma forse no, e che non ho idea di cosa sia.
Mi tasto il ventre e lo so, è proprio lì.
E intanto le onde sono arrivate, mi afferrano e l’acqua è nel naso, nella gola, sulla pelle.

Ma io non sento niente.
Né freddo, né sensazione di soffocamento né un cazzo di niente.
E l’acqua?
E’ nera, agitata.
Ma le onde non arrivano più a me.
Uno strano movimento tra le mie viscere…
Il bambino sorride ancora.
E io non ho paura.
Non ho paura di niente.

Oggi da Klowl ci sono i Saldi. Quindi affrettatevi tutti, che non capiterà di nuovo.

Ci sono le gambe a due euro.

Il petto a sei.

Le orecchie a cinque.

Il cervello?

Questo cervello non vale a un cazzo, seriamente. Lo regaliamo se comprate tre pezzi.

Mordetemi il collo, con soli tre euro.

Stringetemi le chiappe, ce ne voglion cinque.

Schiaffeggiatemi sulle guance. E’ gratis, ma solo se mi date un morso sulla spalla. Con un euro e cinquanta.

La fica?

 

E cosa non si potrebbe fare, con una fica così giovane?

 

La lascio a voi l’immaginazione. Ma soprattutto la scelta.

Mordetemi, chiavatemi, insultatemi pesantemente.

 

 Sputatemi addosso. Con una sberla dopo.

 

Da oggi sono di tutti. Tutti mi avranno, ma non sarò di nessuno.

 

Tutti mi faranno quello che tu mi hai fatto. E così, non sarai l’unico. E non avrai più potere su di me.

 

Quindi vi prego, signori. Fate quello che desiderate.

Insultatemi, ditemi che vi faccio schifo.

Leccatemi, mordetemi, picchiatemi.

 

Ma niente carezze e baci, ve ne prego. Potrei piangere.

 

Lei non ha foto nostre. Non ne ha mai fatte.

Eppure il suo cellulare ha la fotocamera incorporata.

Eppure ha spesso dimostrato di divertirsi a fotografare qualunque cosa.

Eppure … nulla.

La Stronza diceva di amarmi. Tante, tante volte. Sempre.

Però foto nostre non ne ha. Neanche una misera immagine dove siamo insieme, non necessariamente abbracciate, ma almeno nell’obbiettivo.

Mi ha lasciata dopo neanche un mese.

“Non so, io non lo so che cosa voglio.”

E la stessa cosa con un’altra dopo di me. Anche con questa qui, niente foto.

Nessuna traccia.

 

E invece guardala adesso. Guarda la sua donna attuale, quella cagna con le occhiaie  e la sigaretta sempre in quel muso da cavalla.

Hanno centinaia di foto insieme. Al mare, in montagna, a Milano, fuori dalla sua scuola e chi più ne ha più ne metta.

Sono passati sei mesi, sì … ma già dal primo giorno la sua faccia da culo era in tutti gli scatti.

 

La Stronza diceva di amarmi , ma non era vero. E questo lei lo sapeva perfettamente.

Non era vero che non sapeva cosa volesse. Lo sapeva, eccome: mi voleva sbatter fuori dalla sua vita.

Non c’era posto per fotografie, perchè non c’era posto per ricordi che mi riguardassero.

Invece questa qui … sì, la ama. Potrei giurarlo su tutti i peli del culo che le ha immortalato.

E io intanto Le ho detto : “Succede.”

Dopo un po’ di tempo, ho detto “Sono cose che capitano, è normale”.

“Non fa nulla, mi è passato. Non ti odio.”

 

E sostanzialmente è vero.

Io non la odio, sul serio. Io odio la sua Felicità e il suo nuovo Amore.

 

Per questa ragione  raccolgo da ogni molecola del mio corpo tutta la cattiveria che posso avere e sputo veleno su ogni luogo che ha toccato senza di me e ogni parola che ha pronunciato in presenza della sua nuova puttana.

La parte peggiore di me, che è sporca di sangue incrostato, spera che qualcuno Le dia un sonoro calcio in culo.

La verità è che non posso sopportare che all’altra stia regalando belle giornate mentre a me ha lasciato un sabato sera d’autunno a ingoiare merda pensando a ricordi che non ho.

 

 

 

Oppure … sono semplicemente nervosa per i dolori da Ciclo.

 

Sono le due e quaranta di sabato mattina e c’è silenzio assoluto.

Anche quei ragazzi al parchetto, i rumorosi simpaticoni che ho maledetto fino a due minuti fa, sono andati via.

Da due minuti non sento più parlare di birra, di ex, di moto.

Da mezz’ora invece sto cercando di finire un’insulsa pagina del mio manuale di Storia Moderna.

“Tra gli esponenti più significativi di questi indirizzi si può ricordare l’inglese Thomas More,l’autore della celebre Utopia, descrizione di una società immaginaria basata sull’amore tra gli uomini e sulla comunione di beni”.

 

Mi fermo sempre a questo punto. Non che sia difficile. Voglio dire … non son mica deficente.

Le due e quaranta di sabato mattina.

Sono le due e quaranta di sabato mattina e io sto studian … leggendo Storia Moderna.

 

Più precisamente il capitolo ” Rinascimento e Riforma”.

Se proprio dovesse interessarvi, vi dico anche il paragrafo : “Aspettative e tensioni religiose alla fine del Medioevo: Erasmo da Rotterdam”.

Tutto questo è per dire che se son deconcentrata, non è solo per l’orario.E’ anche colpa dell’argomento, che, personalmente, ritengo sia una vera merda.

Le  due  e quarantatrè.

 

Silenzio assoluto, apparte un cane che abbaia lontano.

Le finestre sono spalancate, qualche soffio di vento.

Ma questa non è pace. Non è tranquillità.

Questo silenzio è angosciante.

 

“Educato agli ideali di vita religiosa della Devotio Moderna, Erasmo entrò, come farà poi Lutero,in un convento agostiniano, ma dopo sei anni lasciò la via del chiostro per seguire liberamente la sua inclinazione agli studi”

 

Due e cinquanta di sabato 27 agosto.

L’unico rumore è quello delle mie dita che grattano la spalla, reduce da un attacco di zanzara incredibilmente silenzioso ( che bastarda).

Silenzio.

 

Silenzio.

 

Silenzio.

 

Sono intrappolata in una boccia di vetro per pesci rossi.

 

 

 

 

Stanotte ho sognato di nuovo insetti.

Verdi, ronzanti. Ma soprattutto disgustosi e insopportabili.

Sì, perchè nei miei sogni sono sempre verdi. In rari casi sono gialli.

E io li odio. Tantissimo.

Si muovono sul mio corpo. Me li ritrovo nei piatti, nel bagno. Mentre dormo, sento davvero il loro zampettare sulla mia pelle. Poi mi sveglio… e non ci sono.

Io gli insetti li sogno molto spesso. Fin da quando ero bambina.

Ma da un po’ di tempo a questa parte ho realizzato che li sogno quando c’è qualcosa che mi preoccupa.

E io lo so cos’è che mi terrorizza. Cazzo se lo so.

 

Intanto sono di nuovo a Parma.

 

Questo doveva essere il mio primo giorno di studio. Non ho neanche finito un capitolo.

 

Parma ad Agosto è una vecchia signora di buona famiglia. E’ curata, soleggiata, ma triste. Non c’è nessuno, nemmeno l’aria.

 

Qualcuno ha detto che Agosto è il mese più freddo dell’anno. Da una parte era vero … ma dall’altra… ci sono 40 gradi.

 

Molti credono che per fare un buon film horror ci voglia tanto,tanto sangue e tanta,ma tantissima figa. Bene,questo film è la dimostrazione che non è così.

“BloodRayne” è un film del 2005,diretto da Uwe Boll e basato sull’ononimo videogioco d’azione sviluppato dalla Terminal Reality. Dalla tanto amata Wikipedia vi posto la trama del videogame:

“È il 1933. Il filmato introduttivo mostra due figure incappucciate cha dal tetto di una chiesa osservano la strada, dove una giovane coppia è in fuga. La donna inciampa e l’ uomo si appresta a soccorrerla, ma viene afferrato per il collo da una catena, che lo trascina in un vicolo buio. La testa dell’ uomo rotola poco dopo ai piedi della donna, che emette un grido di terrore. Si fa avanti Rayne, che estese le sue lame si prepara ad attaccarla. La donna continua a piangere con le mani sul viso ma, poco prima che Rayne possa sferrarle un colpo, la donna volta di scatto il suo viso, tramutatosi in quello di un mostro, e le salta addosso. Tra le due avviene una breve colluttazione ma alla fine è Rayne ad avere la meglio, che la sottomette e la interroga. Ma la donna si dimostra riottosa e Rayne la decapita con un colpo secco. I rumori attirano una piccola orda di vampiri, che si precipitano sul luogo, ma ad attenderli c’ è solo una granata senza la sicura. Le figure incappucciate discutono in merito all’avvenimento e dopo un breve dialogo lasciano a Rayne un pendente come “biglietto da visita” e se ne vanno. Rayne, che si era dileguata sul tetto della chiesa poco dopo l’esplosione della granata, trova il pendente e contempla il simbolo impresso su di esso.

Passa all’incirca un anno da quel episodio, a Rayne, diventata un agente al servizio della Brimstone Society, viene inviata insieme all’agente Mynce, suo supervisore e anch’essa una vampira, a investigare su alcuni disordini causati da un’insolita epidemia che si sta propagando a Mortton, una piccola cittadina paludosa della Lousiana. Sul posto regna l’anarchia totale, le zone abitate sono sotto assedio e alcuni dei suoi abitanti infetti sono mutati in violente creature irrazionali. Inoltre il luogo è infestato da alcune creature denominate “maraisecq”. Non passa molto prima che la situazione degeneri ulteriormente e le donne si affrettano a trovare la causa principale dell’epidemia, che si rivelano essere dei misteriosi parassiti detti biomasse. Le donne convengono dunque di dividersi e cercarle separatamente, ma nonostante Rayne riesca ad eliminare tutte quelle che infestano la zona circostante, subentrano altri maraisecq, che portano via Mynce e i pochi abitanti superstiti. Rayne si lancia dunque all’inseguimento delle creature, che la conducono presso una sorta di cimitero delle barche. Sul posto la donna trova alcune tracce di un rituale esoterico, e mentre si accinge ad esaminarle viene attaccata da un maraisecq gigante, che i nativi del luogo chiamano “la Madre Nera”. Dopo una estenuante lotta, Rayne abbatte la creatura e rinviene dalle sue membra un insolito frammento osseo luminescente, che a contatto con le sue mani si anima e cerca di entrare nel corpo di Rayne, che per l’eccessivo dolore perde i sensi.

Passano cinque anni dalle vicende di Mortton. A Rayne viene affidato l’incarico di eliminare un criminale di guerra tedesco, Juergen Wulf e i relativi membri di un’organizzazione terroristica sotto la guida di questi, il Gegen Gheist Gruppe, che opera presso uno stabilimento abbandonato in un atollo sconosciuto dell’Argentina.”

Bella trama,nulla da obiettare. Peccato che Uwe Boll (il regista) non abbia preso in considerazione nè la trama nè  il “carattere” originale di Rayne.

Nel film,invece,tutto comincia in un villaggio Medievale,dove tre cacciatori di demoni fanno fuori un vampiro. Quella stessa sera,in un posto lì vicino,uno pseudo-circo mostra i suoi “pezzi forti” : una spadaccina abilissima e una certa Rayne, una creatura veramente rara,poichè si brucia al contatto con l’acqua e rimargina le sue ferite bevendo il sangue di un agnello appena sgozzato apposta per la dimostrazione. La bella protagonista è trattata come un animale,vive in gabbia e la spadaccina è l’unica persona che le vuole bene..proprio quest’ultima le regala una croce ,che da quel momento Rayne porterà sempre al collo (e da questo capiamo che non è un vampiro vero e proprio). Più tardi un uomo entra nella sua gabbia e cerca di violentarla,ma Rayne riesce a ferirlo e ,non riuscendo a resistere alla vista del sangue,lo uccide “sbranandogli” letteralmente la giugulare. La ragazza ha perso totalmente controllo di sè e della sua forza: esce dalla gabbia e uccide a mani nude due uomini che tentano di fermarla,e ferisce gravemente anche la sua amica spadaccina,che voleva proprio donarle le sue due spade…Rayne le prende e fugge via. Questa che ho descritto è l’unica parte del film che non sfiora il ridicolo.

La ragazza arriva in una città,dove incontra una maga che le rivela la verità sulla sua natura: Rayne è infatti un damphir , un ibrido tra uomo e vampiro, e suo padre è niente di meno che Kagan,il Re dei Vampiri,che violentò sua madre e poi la uccise dopo la nascita della bambina.

Rayne dice alla donna di voler uccidere Kagan e questa le spiega che per farlo dovrà prendere prima del Cattivone i tre amuleti dell’Occhio,del Cuore e della Pelle… che altro non sono che i resti di quello che era stato un vampiro imbattibile. E già qui si delinea il classico profilo della favola: il protagonista deve lottare contro qualcosa,ma per vincere deve recuperare degli oggetti magici. Ma nelle favole gli aiutanti non mancano mai,ed ecco che a Rayne si uniscono i cacciatori di vampiri che abbiamo visto all’inizio del film:  Vladimir,Sebastian e Katarin (interpretata dalla cazzutissima Michelle Rodriguez). Come in tutti i film poco originali che si rispettino,Kagan sà già dei propositi di Rayne e riesce a farla rapire… qui il regista ha pensato bene di introdurre un vampiro pancione e schifoso che vive in una cripta in mezzo al nulla piena di altri vampiri e soprattutto di donne nude e arrapate. Questo è il luogo dove viene portata la protagonista,che nel frattempo è riuscita a prendere l’Occhio e ad assimilarlo nel suo corpo. Ma i due uomini della sua compagnia riescono a introdursi nella cripta per liberarla,e così comincia uno scontro. Ora io mi chiedo: se la casa è piena di vampiri,come mai solo due di questi lottano contro Vladimir e Sebastian,mentre gli altri stanno a guardare la sconfitta dei loro compari?? Mah.. Forse Boll voleva lasciarci questo interrogativo.

Comunque i due riescono a salvarla e Rayne comincia ad allenarsi con loro per la battaglia che l’aspetta. Però..puo’ mai mancare una scena di sesso,in un film banal-horror? No. E infatti Rayne si tromba Sebastian,senza che nessuno spettatore abbia prima notato una certa attrazione(del resto,come si fà ad essere attratti da una faccia di culo come Sebastian? ). Finalmente vediamo le tette di Rayne! Yuhuuuu! Però nel videogame erano più grosse,che barba.

Altre lotte,altro sangue,altre spadaccinate,altre improbabili capriole,altre gole che si tagliano come fossero carta. Scopriamo che anche Katarin è una cattivona che trama contro il suo stesso villaggio per dare sommo potere a suo padre (vampirizzato ) ,e Rayne la uccide prontamente.

Rullo di tamburi per lo scontro finale: la protagonista arriva al castello di Kagan,fingendo di voler donare a lui il Cuore. Kagan sarà anche cattivissimo,ma è anche un gran fesso,poichè non controlla il contenuto della scatola ,che difatti è vuota. Proprio mentre i suoi “scagnozzi” cercano di rimuoverle l’Occhio, Vladimir e Sebastian irrompono nella Sala,scatenando un universo di sangue e “ah,che dolore!” ” Passami la spada!” “Zac! Zac!” e tutto il resto. Rayne non è da meno,e volteggiando con le sue capriole e le sue spade uccide tre vampiri in un due mosse. Sebastian e Vladimir sono feriti gravemente,ma lasciamoli da parte perchè adesso è veramente giunto il momento: Rayne e Kagan sono uno davanti all’altro,pronti a sfidarsi. Noi spettatori invece siamo sempre pronti per le battute patetiche di una ragazza che ha avuto un’infanzia particolare: ” Vieni dalla mia parte,o sarai condannata” ” Tu mi hai già condannato,da quando hai stuprato mia madre!”  E di nuovo capriole  e volteggiamenti. Quando per Rayne si mette male,c’è il suo Sebastian a lanciarle una bottiglietta di acqua santa,che lei userà per bruciare il volto di Kagan prima di ucciderlo definitamente.

Wow,abbiamo vinto! Ah no aspetta..Sebastian stà morendo (nessuno caga Vladimir)! La bella damphir si avvicina piangendo con l’intenzione di morderlo,in modo che lui possa seguirla per sempre,ma lui ,da vero eroe,dice: “No Rayne,ti prego…la mia ora è arrivata”. Che bello,almeno si toglie dai maroni.

Rayne si siede sul trono di Kagan,e ripensa a tutto quello che ha passato. Dieci minuti di lotte già viste ci scorrono davanti. E lei sorride,soddisfatta. Almeno lei. Io invece dopo aver visto questo film non sono per niente soddisfatta,e mi chiedo con quale coraggio abbiano fatto due sequel.


Adorate i film dove il protagonista è il sonoro “BANG!” delle pistole? E dove le parole “cazzo” e “merda” si usano come il latte a colazione? Allora questo è il film (cazzutissimo e adrenalinissimo) che fà per voi.

Per raccontarvi la trama ,mi servirò di quello che dice la strasputtanatissima Wikipedia :

 

“Dopo una sanguinosa rapina ed una rovinosa fuga, i famigerati fratelli Gecko, Seth e Richard, si dirigono verso la frontiera messicana con una donna in ostaggio ed una valigetta piena di soldi, per sfuggire alle autorità che li cercano senza sosta.

La vicenda ha inizio in un minimarket lungo l’autostrada, dove Richard è vittima di allucinazioni che lo portano ad uccidere il titolare del negozio, Pete Bottoms e il ranger texano Earl McGraw. In seguito a questi omicidi, i ranger texani e l’FBI iniziano a collaborare per non far arrivare i due criminali vivi alla frontiera. I fratelli Gecko trovano rifugio in un modesto motel; Richard rimane a fare da guardia all’ostaggio, mentre Seth va ad esplorare la situazione alla frontiera e ad organizzarsi con il loro contatto in Messico, Carlos. Al suo ritorno, Seth scopre che Richard ha stuprato e ucciso la donna ostaggio, mostrando ancora segni di deviazione mentale. Seth si infuria con Richard e teme per la sua stessa incolumità; infine riferisce che Carlos li aspetterà il giorno dopo al Titty Twister, un bar messicano per camionisti aperto “dal tramonto all’alba”. Il problema, dunque, è giungere in Messico senza essere notati alla frontiera.

A questo punto, si incastra la vicenda della famiglia Fuller, diretta in vacanza in Messico. Jacob, un pastore in crisi di vocazione, la figlia naturale Kate e il figlio adottivo Scott; i tre sono stanchi a causa dell’estenuante viaggio in camper e sostano allo stesso motel dove alberga la coppia di criminali. Con una banale scusa, Richard e Seth irrompono nella camera della famigliola e prendono in ostaggio Jacob e Scott. Di lì a poco entra in camera Kate, per la quale Richard prova subito una fortissima attrazione. I fratelli dettano le loro condizioni e decidono di usare il camper della famiglia per giungere alla frontiera.”

E ci fermiamo qui,altrimenti che cazzo lo vedete a fare,se sapete come va a finire?

Partiamo dai fratelli Gecko: un sexyssimo ,giovane e bastardo George Clooney interpreta Seth (fate caso al suo tatuaggio…slurp) e indovinate un po’ chi è il fratello schizzoide e sessodipendente? Proprio così: Richard Gecko è Quentin Tarantino,che per questa performance,mi dicono dalla giuria,ha vinto il premio come pessimo attore di quell’anno. Opinione che io non condivido ,poichè i suoi occhialetti,la sua strana forma del cranio e la sua fantastica monoespressività nel dire le bugie lo rendono la rappresentazione perfetta di un disordine mentale.

Possiamo soddisfare il feromone femminile con Seth Gecko e lasciar perdere il testosterone maschile ? No. Impensabile. Si è mai visto un film sui vampiri senza gnocche stratosferiche??? Ecco,appunto.

Saltiamo la parte dell’allegra famigliola che viene “rapita” dai due fratelli… lasciamo un attimo da parte la  piccola Kate,che diventa presto una fantasia sessuale di Richard…e catapultiamoci nel Twitty Sister. Fuori dal locale c’è un omino (orrendo) che anticipa,con la sua poesia,il locus amoenus che vedremo tra poco: “Fica!Fica!Fica per tutti i gusti! Se vi piace la fica entrate qui dentro! Fica rossa,bionda,mora,gialla,nera…fica per tutti!” Peccato che Clooney mette fine a questo momento romantico con un bel cazzotto.

Tette ,chiome,tette,braccia,culi danzanti sui tavoli ,sulle finestre,sul pavimento… Una manna dal cielo,accompagnata da una musica sensual-rockeggiante. Ma la perla più preziosa è Santanico Pandemonium,una ballerina interpretata da Salma Hayek. Ed ecco una scena sensuale e mistica,ovvero la danza di Santanico,accompagnata dalla canzone “After Dark” di Tito e Tarantula (musica azzeccatissima per questa scena)…. Santanico balla proprio sul tavolo di Richard,si versa del vino sulla gamba e lo fà bere a quest’ultimo,lo bacia e tutti quanti pensano “Oh,che ragazzo fortunato”. Peccato che Richard Gecko sia proprio il primo a morire,perchè il sangue della sua mano ferita stuzzica troppo la bella danzatrice,che è proprio la prima vampira a trasformarsi e a mordere lo schizzoide. E qui finisce la fantastica interpretazione di Tarantino. Da questo momento,il delirio che tutti ,in fondo,stavate aspettando: tutte le gnocche si mostrano per quello che sono e uccidono più della metà dei clienti..esclusi i nostri protagonisti. A loro si sono aggiunti il simpaticissimo Sex Machine (Tom Savini) e un altro tizio di cui non ricordo il nome. Poco importa,perchè tanto questi due muoiono poco dopo,insieme al pastore Jacob,che aveva appena ritrovato la sua vocazione (troppo tardi,genio) e il figlio Scott. Rimangono vivi Seth e Kate…ed ecco la ragazzetta imbranata e dolce si trasforma in una pseudo-mini-Lara Croft armata di balestra e  manca  veramente poco che uccida i vampiri a mani nude. Un’evoluzione che sfocia un po’ nel ridicolo,direi. Finisce tutto bene,perchè arriva il Sole e i suoi raggi filtrano dalle finestre e dalle fessure facendo esplodere i vampiri. Seth se ne va con i suoi soldi e Kate torna a casa guidando il camper (quando ha imparato a guidare? Mi sono persa questo momento).

Che dire di questo film? Io dico che comincia bene,e che c’è stato un momento in cui ho creduto che fosse interessante e particolare. Una scena mi aveva colpito: Seth torna nella stanza del motel e chiede a Richard dove si trovi l’ostaggio,questo gli dice “è in camera da letto” e Seth rimane interdetto sulla porta di questa stanza,fissando il letto (che noi non vediamo) e dicendo “Cosa devo fare con te,Richard? Perchè ti comporti così? Perchè l’hai fatto?E’ colpa mia?Credi che io provi piacere ad uccidere senza motivo la gente?” e mentre succede tutto questo,ci sono dei veloci “messaggi subliminali” che lasciano intravedere quello che giace sul letto..Ovvero il cadavere denudato della donna. Questi giochetti mi affascinano particolarmente,lo sapete. Peccato che poi il film si realizzi nelle sequenza “Tette-culo-bangbangbang!-cazzo!-tette-culo-cazzo!-merda!-bangbangbangbangbangbang!-finale felice”.

E adesso basta con il copia-incolla di testi di canzoni. Per quello esiste già Facebook (luogo in cui,da brava “signorina mantieni-le-promesse”,sono prontamente ritornata).

Andiamo subito al sodo. Qualche giorno fa ho visto “L’Esorcista”…l’unico,vero,inimitabile,che non avevo mai avuto il coraggio di vedere. Cosa dire,se non che quel film è un’opera d’arte? La sua è una notorietà meritata. Le atmosfere,la tecnica del subliminale…senza dimenticare l’approfondimento psicologico dei personaggi (il sogno di padre Karras?) che è un aspetto che trovo RARAMENTE nella spazzatura pseudo-horror del 2010.
Così,rimanendo nel tema di spazzatura,leggo su Wikipedia che esiste un film che si propone come prequel della sfortunata storia di Regan. E per quale motivo non avrei dovuto vederlo???

Perchè è una delusione,ecco perchè. Di quel capovaloro a cui vorrebbe essere collegato non vale nemmeno la metà.
Wikipedia ne riassume la trama in queste righe:
“Il giovane prete Lankester Merrin è in viaggio in Africa, intenzionato a
ritrovare la fede perduta dopo le atrocità della Seconda Guerra
Mondiale. In tale continente Padre Merrin trova una chiesa che pare
essere appena costruita ma quando si unisce insieme a un gruppo di
archeologi, scopre che sotto c’è una cripta posseduta dal demonio.”

Io vorrei solo  dire:

1-Gli effetti speciali “computer” sono ridicoli,in quanto rendono FALSISSIME le scene. Quelle pseudo-iene non fanno paura e sono inutili.

2-Non è assolutamente accettabile che OGNI film del 2000 debba avere un flirt nella sua sceneggiatura. Questa dottoressa biondona dal culo sodo,che ha nome Sarah (che poi sarà posseduta dal demonio) e piace al protagonista…beh…è la cosa più scontata del film.
3-La scena finale della cripta: MA QUANTO DIAVOLO E’ GRANDE,QUESTA CRIPTA? Sembra una città…
4-Non c’è nessuna scena che ti faccia saltare sulla sedia
5-La tecnica del subliminale (già usata ne “L’Esorcista”) è  TROPPO VELOCE,e non permettete di spaventare la gente,che non fa in tempo a percepire l’immagine…perfettamente il contrario del volto di Capitan Howdy …

Ora…com’è che il film di Friedkin,del 1973,riesce a spaventare meglio di un film del 2004,senza il corredo di effetti speciali di oggi? Non è che forse gli effetti speciali sono una minima parte del film,al contrario di quanto credono in troppi???

 

L’ evoluzione umana è affascinante.

Dicendo questo sto pensando alla donna. A quell’insieme di tette e figa e capelli.A quella pancia che è in grado di contenere un nuovo piccolo individuo, un nuovo consumatore.

Sto parlando della donna … l’avete capito, no?

Le ragazze non sono più schiave di nessuno. O almeno così dicono.

Le occidentaline non si sposano più con il primo che le dona attenzione. No no.

Conoscono, imparano, crescono. E poi decidono.

Così uno pensa che adesso non ci sia bisogno di ribellione. Le donne hanno già tutto, lavorano, amano. Non hanno più bisogno di niente, no?

No.

 

Perchè ci sono i buchi di figa su due gambe che, a loro dire, fanno una gran rivoluzione.

Se non avete capito di cosa sto parlando, sappiate che ognuno di voi ha almeno un individuo del genere tra le sue conoscenze.

I “buchi di figa su due gambe”, infatti, non sono frutto del mio “pragmatismo pittorico”, come l’ha definito qualcuno.

Le vagine su due gambe sono ragazze che esistono solo in funzione del loro organo sessuale. Vivono solamente per aprire le gambe ed esistono, per le persone che le conoscono, solo per farsi una sana trombata.

E si credono rebel, anarchiche, padrone di loro stesse. Un atteggiamento aperto, da combattenti.

 

Ma perfavore, puttanelle. Ma quale ribellione, quale lotta? Davvero non sapete che quello della troia è il mestiere più antico del mondo?

 

Lo sfregamento frenetico delle mie mani sotto l’acqua è un terribile loop che si ripete all’infinito.

Prendo un altro po’ di sapone e ricomincio. Ancora, ancora e ancora.

Non riesco a fermarmi. Non posso farlo. Voglio rimanere intrappolata in questo angolo, senza fare né un passo avanti né uno indietro.

Ma soprattutto NON voglio pensare a quello che dovrò fare DOPO.

Shrrrrrrrrrrr.

Lo scrosciare dell’acqua porta la mia triste follia ad un doloroso ricordo.

La cucina è illuminata da quell’orrenda luce al neon che ti ho mille volte supplicato di sostituire. E altrettante mille volte tu mi hai risposto : “ Non sono io a decidere, in questa casa”.

Tu sei girata di spalle, e io ti fisso.

I capelli rossicci ti cadono sulla schiena. Lingue infuocate che lentamente bruciano la mia anima.

Shrrrrrr.

“ E adesso, che hai intenzione di fare?” ti chiedo, dopo un lungo silenzio.

“ Adesso?” rispondi tu, senza guardarmi, tutta concentrata a lavare l’insalata.

“Adesso condisco l’insalata.”

Chiudi il rubinetto e ti asciughi le mani con uno strofinaccio. Ancora non mi guardi.

Dalle mie labbra esce uno sbuffo molto simile ad una risata.

“ Io parlavo di noi due, Laura”.

“Ah, di noi due.”

Finalmente ti giri. Incroci le braccia e mi guardi negli occhi. In quello stesso istante io mi sento come se stessi guardando Milano dall’alto del Duomo.

Proprio non riesco a trovare un modo più efficace per descrivere la sensazione che mi brucia dentro quando i miei occhi incontrano i tuoi.

“ Io voglio stare con te.” Dici, infine, ma distogliendo in fretta lo sguardo. Le dichiarazioni d’amore non fanno proprio per te.

Io sorrido. Mi avvicinò a te, ti prendo il volto tra le mani. Appoggio la mia fronte sulla tua.

“ E lui?” ti chiedo. Ecco, la ferita. Ecco, la fine dell’idillio.

Tu deglutisci. Il tuo senso di colpa è così forte che attraversa le mie viscere.

“Lui … Lui. Lui è mio marito.”

Ti stacchi da me.

In quel momento, sai, avrei tanto voluto dirti cosa ho pensato la prima volta che ti ho visto. Buffo, non te l’ho mai detto.

Forse è vero che non basta una vita a dirsi tutto quello che si vorrebbe dire.

Pazienza, te lo dirò adesso.

Ricordo che quella mattina ero molto nervosa. Era la mia prima lezione universitaria e mi ero seduta nella prima fila. Ero partita con il proposito di diventare una studentessa eccellente, tutto quello che non ero riuscita ad essere al liceo.

Un proposito che ho dimenticato nel tempo. Una cosa che tutto sommato riesce a farmi sorridere.

E all’improvviso eccola.

La creatura più interessante che io abbia mai visto in vita mia.

Una donna alta, con i capelli lunghi e rossicci, gli occhi nocciola. La pelle chiarissima, il naso lungo e le labbra a cuore.

Una donna giovane, non bellissima, ma molto affascinante.

Almeno per me.

Ti sei seduta alla cattedra e hai controllato che il microfono fosse collegato.

Poi hai alzato gli occhi su di noi, con un sorriso imbarazzato e dolcissimo.

“Buongiorno ragazzi.” Hai detto, continuando a sorridere.

“Sono la vostra insegnante di Storia del Teatro”.

Il ragazzo seduto dietro di me, un tipo magrolino e con i dread, non si è risparmiato l’affermazione più stupida e virile del momento:

“Mmh che ti farei. Hai la faccia da porca” ha sussurrato, l’idiota. Con le sue pseudo treccine che sicuramente giudicava affascinanti, ribelli.

Povero illuso. Sarebbe troppo facile così, abbellire il fuori per migliore il dentro.

Non so cosa mi abbia fermato, quella volta, dal dargli un forte pugno sul naso.

Perché io in quel momento, Laura, ero già innamorata cotta di te.

E quel tipo era veramente un idiota.

Perché non hai mai avuto la faccia da Porca. E questo non è un stupido commento ad una stupida affermazione.

E’ semplicemente quello che ho pensato.

“Questa donna” avevo pensato “ è una creatura in gabbia”

E infatti avevo ragione.

 

 

Alla fine decido di chiudere il rubinetto.

Alzo gli occhi sullo specchio.

Una ragazza di 23 anni con due occhiaie profonde sotto gli occhi nerissimi e i capelli corti, neri e spettinati mi restituisce uno sguardo vacuo e indifferente.

Dio, come sono caduta in basso.

Mi passo una mano ancora bagnata sulla faccia.

Poi poggio le mani sul lavabo e rimango in quella posizione, con la testa china a fissare il bianco della ceramica per venti minuti, o un’ora, o forse un anno.

Alla fine mi ricompongo.

Apro la porta del bagno con un calcio e mi fiondo in corridoio.

Esco fuori in giardino e mi siedo sui gradini di pietra. Tiro fuori dalla mia giacca il mio pacchetto di sigarette .

Ne accendo una e me la infilo tra le labbra.

Faccio due tiri, ma poi la butto via.

Sono troppo nervosa per fare qualsiasi cosa.

Mi alzo in piedi, le braccia lungo i fianchi, i pugni stretti.

Mi guardo intorno, comincio a camminare. Arrivo fino al market, che è chiuso e buio.

Lo fisso per un po’, con le mani in tasca.

Poi ripercorro la strada, diretta a casa.

Sono uno stupido cane che tenta di mordersi la coda.

Passo dopo passo, non faccio altro che pensare a mia madre.

Perché lei aveva ragione. E lo so che non ti farebbe piacere,Laura, sentirmi dire questo, ma tant’è.

Mia madre mi diceva sempre che nella mia  vita avrei combinato solo guai.

Tutte le volte che litigavamo, si presentava sempre la solita litania.

Fondamentalmente, quello che la cara signora Nubbi mi ripeteva erano tre semplici frasi:

1)      “Sei una squallida puttana del Diavolo”

2)      “Nella tua vita combinerai solo guai,e quando farai il passo falso che ti farà filare in galera, io sarò lì a gustarmi la scena”

3)       “Avrei dovuto abortire”

 

E certe volte ero d’accordo con lei. Quando la cinghia di mio padre mi colpiva sulle braccia e sulle gambe, tra le lacrime del dolore pensavo che quella volta me l’ero meritato. Quella volta avevo esagerato sul serio.

Come quando avevo sputato su una foto della mia famiglia dopo un litigio insulso.

O come quando avevano trovato dei filmati lesbo nel mio pc.

O come quando avevo venduto tutto l’oro che gli inutili parenti mi avevano regalato in occasione dei miei ancora più inutili Sacramenti.

Che cosa volevo farci con i soldi che avevo guadagnato?

Ah già. Il portatile.

Quando ti ho raccontato tutto questo, tutto quello di cui avevo memoria sulla mia famiglia, tu mi hai guardato con un’espressione incredula.

Stesa affianco a me, con il lenzuolo che ti copriva il seno nudo, mi hai detto di non preoccuparmi.

Che non sono una persona orribile.

Mi hai detto che non sono un fallimento e che no, non sono una valanga di merda.

E che sono una persona buona, incapace di fare del male a qualcuno.

 

Mentre ripenso a questo, sono arrivata a casa.

Ho lasciato la porta aperta. Qualcuno sarebbe potuto entrare in casa.

Magari qualcuno mi sta aspettando dietro il divano, pronto a sgozzarmi.

Sgozzarmi?

Un brivido freddo mi corre lungo la schiena.

Una forte fitta allo stomaco mi fa piegare sulle ginocchia.

Mi gira la testa, mi sembra di stare per morire. Poggio i palmi per terra. Non aspetto altro che la fine.

Adesso sono una bimba di un anno che gattona per casa.

Una bambina senza mamma.

 “Avete mai pensato di fare dei figli?”

Mi guardi come se avessi detto di non aver bisogno di respirare.

“Beh?” ti dico.

“Perché me lo chiedi?” dici, gli occhi fissi sul mare.

Il sole delle tre del pomeriggio di maggio fa sembrare i tuoi capelli fiamme vere.

Seduta in spiaggia, con i capelli mossi dalla brezza marina, sembri una Ninfa.

“Lo sai che non lo amo” dici, in un soffio. Rapido come uno starnuto.

“Eppure non vuoi lasciarlo” rispondo io, in attesa del colpo di grazia.

Bang. E’ arrivato.

Ti volti verso di me, gli occhi in fiamme. Ma nella rabbia riesco a leggere anche un velo di tristezza.

Beh, almeno adesso mi stai guardando. Finalmente.

“Ancora con questa storia?” sbotti.

“Ne abbiamo già parlato” continui, senza aspettare una mia risposta.

“E adesso basta vittimismo. Non sei la sola vittima della situazione” aggiungi, tornando a guardare il mare.

Che male.

Che terribile ferita al cuore. Un dolore immenso ogni volta che lasciavi cadere quel discorso.

E infatti io sono ancora qui in ginocchio, distrutta.

Le mie mani sono ancora sul tuo pavimento. E questa casa puzza di lui.

Lui, lo stempiato.

Lui, il palestrato.

Lui, lo stupido borghese che ha sempre bisogno di un’auto nuova.

Lui, il cieco.

Lui, l’altro.

Non riesco nemmeno a dire il suo nome. Mi viene da vomitare al solo pensiero.

La prima volta che mi hai presentato a lui, il tuo caro maritino, hai detto:

“Lei è una mia studente di Teatro”

E rapido come uno starnuto, io avrei voluto aggiungere:

“Che tu ti scopi non appena tuo marito non è in casa”.

Volevo proprio dirgli la verità. Sbattergliela come un pugno su quel brutto muso che mi fissava con aria di sufficienza.

“Non sembra che tu abbia vent’anni” aveva detto lo Stronzo.

“ Sei molto minuta … ti avrei dato 12 anni”

Io ho sorriso educatamente.

“Potresti essere mia figlia” ha continuato, stappando la sua bottiglietta di acqua minerale.

“Allora dovresti vedere che bello incesto tra me e mamma” avrei voluto dirgli.

Che bella sensazione che avrei provato. Magari avrei visto quel Porco sputare l’acqua che stava bevendo così tranquillamente. E poi , rosso in faccia, avrebbe tossito per altri cinque minuti, e alla fine, tornato di un colorito normale, mi avrebbe detto:

“ Come, scusa?”

Convinto di aver capito male.

Quasi quasi mi pento di non avergli detto come stavano le cose.

 

Ma in fondo, a che sarebbe servito?

A nulla.

Perché tu avresti comunque scelto lui.

Di nuovo.

Avresti di nuovo preferito una vita tranquilla, in una casa tranquilla, in un paesino di provincia estremamente tranquillo.

Ogni domenica andare a Messa, e poi di filato a pranzo dai tuoi genitori.

Conservare con loro un rapporto ordinario. Tranquillo.

Tutto quello che non avresti avuto con me.

Ma adesso puoi stare serena, sul serio.

Perché non dovrai più scegliere.

Mi sollevo dal pavimento, carica di nuova forza.

Non posso pentirmi adesso, né tirarmi indietro.

Mi fermo sulla soglia della tua camera da letto.

Tu sei ancora lì sul letto, bella come sempre. Neanche il sangue sulle lenzuola e lo squarcio nella gola riescono ad offuscare il tuo fascino pulito e sincero.

Mi avvicino al tuo corpo. Prima di andare in bagno a lavarmi le mani ti ho chiuso gli occhi, così adesso sembra che stai dormendo.

Vorrei coprirti con qualcosa di pulito, ma non mi hai mostrato dove tenessi le lenzuola di ricambio.

La tua è stata pura cattiveria, Laura.

Avrei potuto comprendere se tu lo amassi.

Ma mi hai detto che non è così.

Hai detto : “Non voglio perdere quello che ho guadagnato”.

Come se qui si parlasse di sporchi soldi.

E così hai condannato me e te ad un tunnel d’infelicità senza via d’uscita.

Vivere aspettando il momento dello schianto al suolo.

E io proprio non potevo permettertelo.

Ed è per questo che l’ho fatto.

Ti do un ultimo dolce bacio sulle labbra fredde.

Poi i miei occhi incontrano il block notes che tieni sempre sul comodino.

Un messaggio stavolta te lo lascio, visto che mi rimproveri spesso per la mia scarsa voglia di scrivere lettere o email.

 

Quando poggio la matita, mi sento un po’ meglio.

“Bye Bye Beautiful”, ti ho scritto. E’ il titolo della tua canzone preferita.

Ovviamente i poliziotti non capiranno nulla.

Addio, amore.

Molto probabilmente ci rivedremo all’Inferno.